Pio IX ed Anzio
Prima del 1827 Anzio era amministrata dallo Stato Pontificio e ben vista dai sommi pontefici. Ma nel 1827 fu inclusa nell’amministrazione civica della città di Nettuno e grazia a Pio IX, nel 1856 riuscì ad ottenere l’autonomia comunale.
Come i suoi predecessori, anche Pio IX, guardava con occhi e cuore benevolo questa comunità e non rifiutò un’agevole trasferta nel cuore di una terra paludosa e non ancora del tutto bonificata.
Dopo la sua elezione, il 16 giugno 1846, emanò una serie di riforme e non solo in campo politico.
Infatti, il 07 novembre 1846, tra le notifiche emanate, dichiarava di primaria importanza la ferrovia Roma – Anzio e chiamava “a novello risorgimento quel Porto dalle arene e dalla ricostruzione ridotto a pessimo partito”. Il Porto d’Anzio fu sin dall’inizio del suo Pontificato un punto fermo nella sua opera di rinnovamento economico dello Stato Pontificio.
La sua prima volta ad Anzio fu nel 1847, quando accettò il suggerimento del tesoriere Mons. Carlo Moriquini, di prendersi una pausa dalle onerose occupazioni delle Chiesa e dello Stato. E così il 28 ottobre 1847 venne a Porto d’Anzio.
Il parroco di allora, P. M° Francesco Lombardi, fu informato della visita del Santo Padre e che si sarebbe trattenuto per due giorni nella Villa Albani e organizzò una festosa accoglienza e grazie ad essa il Papa si rese conto dei bisogni della popolazione, soprattutto della chiesetta al porto che non era più sufficientemente ampia ed adeguata all’esigenze parrocchiali.
Fece costruire l’attuale chiesa, tutt’oggi in utilizzo e sempre in gran fermento, ed il convento che fu distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale e ricostruito successivamente.
Volle dedicare la chiesa a Pio V, perché ad esso si ascrivono il merito e l’onore per la vittoria della clamorosa battaglia di Lepanto nel 1571. A Sant’Antonio di Padova per perpetuare la chiesetta al porto, che noi non abbiamo visto e non vedremo mai, salvo qualche fotografia 157 anni dopo la costruzione del porto innocenziano.
Con il disegno di contribuire al miglioramento e alla prosperità dell’Agro romano, nel 1852 acquistò e restaurò la settecentesca Villa Albani in Anzio, ridotta in pessime condizioni e lasciata in stato d’abbandono dagli eredi del Card. Alessandro Albani dal 1775, per farne la sua residenza estiva.
Biografia
Giovanni Maria Mastai Ferretti nacque a Senigallia, nelle Marche, il 13 maggio 1792. Studiò filosofia, diritto e teologia. Nel 1819 prese gli ordini sacerdotali e iniziò la sua brillante carriera.
Fu delegato apostolico in Cile e, nel 1827, arcivescovo di Spoleto e poi vescovo di Imola, dove la sua attenzione ai bisogni della gente attenuò la durezza della rigida e reazionaria amministrazione del Segretario dello Stato Pontificio, cardinal Lambruschini. Promosso cardinale da Gregorio XVI nel 1839, fu eletto Papa il 16 giugno 1846, con il nome di Pio IX. Il suo pontificato durò quasi trentadue anni ed è il più lungo della Chiesa dopo quello di San Pietro.
Il Papa si trovò a operare in un contesto storico problematico: la sconfitta di Napoleone aveva riportato al potere gli antichi sovrani, che avevano restaurato l’assolutismo dell’ancien régime. Ma i tempi erano cambiati, l’Illuminismo e la Rivoluzione non erano passati invano, e gli uomini chiedevano costituzioni e leggi liberali. In Italia si aggiunse la richiesta della soppressione dello Stato Pontificio, e la “questione romana” impiegò Pio IX per tutto il suo pontificato.
Per quanto riguarda l’attività politica, l’inizio del suo governo fu all’insegna di un vago riformismo che, in parte frainteso, gli attirò le simpatie dei liberali: maggiore libertà di stampa, Consulta di Stato, amnistia per i reati politici.
L’entusiasmo per Pio IX crebbe nel marzo 1848, quando concesse la Costituzione e il suo esercito partecipò alla prima guerra di indipendenza.
Sembrava si stesse realizzando il sogno neoguelfo della Confederazione di Stati di Gioberti. Ma in aprile, sotto la minaccia austriaca, l’esercito pontificio fu ritirato con la giustificazione di non poter fare guerra a uno stato cattolico. Ai liberali sembrò un voltafaccia imperdonabile. Scoppiarono tumulti e rivolte: Pio IX fu costretto a fuggire a Gaeta (il 25 novembre 1848), ospite di Ferdinando II, re di Napoli, mentre a Roma fu proclamata la Repubblica (1849), che ebbe però vita breve.
Nel 1850, accompagnato dalle truppe francesi, Pio IX tornò a Roma e avviò una politica apertamente antiliberale e tendente alla salvaguardia del potere temporale.
Nel 1859 – 60 i territori pontifici della Romagna, dell’Umbria e delle Marche furono annessi al Piemonte e il Papa si dimostrò sempre più ostile al movimento di unificazione nazionale, convinto della necessità del potere temporale per salvaguardare l’indipendenza spirituale.
Nel 1861 si giunse alla proclamazione del Regno d’Italia e si pose, al governo, la “questione romana”. Prima Cavour, poi Ricasoli, Mazzini e Garibaldi continuarono a reclamare Roma capitale d’Italia, come una inesorabile necessità.
Le tappe di avvicinamento a Roma furono il tentativo garibaldino di giungervi partendo dall’Aspromonte e la proposta della Convenzione di settembre (1864), con il trasferimento della capitale dello Stato italiano da Torino a Firenze.
Ma le vicende politiche incalzavano e, il 20 settembre 1870, si giunse all’atto conclusivo con la breccia di Porta Pia. Le truppe italiane penetrarono in Roma, ma rispettarono la “città leonina” dove si trovava il Vaticano.
L’occupazione di Roma, avvenuta senza violenze e disordini, ridusse lo stato Pontificio alla Basilica di San Pietro, ai Palazzi e ai Giardini Vaticani, e pose fine al potere temporale dei Papi. Mentre Vittorio Emanuele II prendeva possesso del Quirinale, Pio IX scomunicò il re e si ritirò, volutamente prigioniero, in Vaticano. Il 02 ottobre 1870 i Romani, con un plebiscito che vide 40000 voti favorevoli e soltanto 115 contrari, chiesero l’annessione al Regno d’Italia, ratificando la fine del potere temporale dei Papi.
Il governo italiano, per sanare la situazione, nel 1871 propose la “Legge delle Guarentigie”. Ispirandosi al motto cavouriano “Libera Chiesa in libero Stato”, la legge garantiva al pontefice le prerogative sovrane, la libertà della sua autorità spirituale, l’extraterritorialità dei Palazzi vaticani, del Laterano e di Castel Gandolfo, e fissava, come compenso all’occupazione dello Stato, una donazione annua di lire 3225000 a favore delle casse vaticane. Pio IX rifiutò e continuò a rivendicare i diritti della Chiesa riguardo al potere temporale.
Nel 1868 il pontefice aveva già vietato ai cattolici, con il non expedit, ogni partecipazione alla vita politica del paese “usurpatore”.
In campo religioso, il programma del suo pontificato fu indicato, come era diventata consuetudine dopo Benedetto XIV, dalla prima enciclica, Qui pluribus (1846) in cui Pio IX sottolineò i problemi del tempo (razionalismo, indifferentismo religioso, liberalismo, società segrete) e, per porvi rimedio, invitò i vescovi a una nuova evangelizzazione e alla formazione del clero. L’impostazione e i temi dell’enciclica ricalcano le precedenti encicliche programmatiche, specialmente quelle di Pio VII (Diu satis), di Pio VIII (Traditi humilitati) e di Gregorio XVI (Mirari vos).
La sua azione religiosa si espresse, l’8 dicembre 1854, nella solenne proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione: “Dichiariamo, pronunciamo e definiamo la dottrina la quale ritiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli”.
La definizione fu accolta con calore e alcuni vollero vedere anche una esplicita rivalutazione della condizione della donna. In occasione della Convenzione di settembre, Pio XI si rese conto che stavano aumentando il suo isolamento, il rischio di perdita del potere temporale e il distacco dei fedeli dalla Chiesa. In risposta a questa preoccupazione, e per difendere i fedeli dalle “fallaci opinioni”, l’8 dicembre 1864 il papa emanò l’enciclica Quanta cura, con l’annesso Sillabo. In essa furono condannati l’ateismo politico, il razionalismo, il socialismo, il socialismo, il liberalismo. Fu dichiarato grave errore voler sottomettere la Chiesa allo Stato, ma soprattutto negare la divinità di Cristo. L’enciclica si chiudeva con l’esortazione ai vescovi a difendere la fede, a insegnare che il potere regio è stato dato da Dio non solo per reggere il mondo, ma soprattutto per la difesa della Chiesa.
L’8 dicembre 1869 si ebbe l’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano I, con lo scopo dichiarato di provvedere al bene della Chiesa e della società.
I lavori si svolsero in modo precario, a causa della guerra franco – prussiano e dell’occupazione di Roma da parte delle truppe italiane, le quali costrinsero il papa a interrompere il concilio che però giunse ugualmente alla definizione del primato e dell’infallibilità del Papa in questioni di fede, formulate ex – cattedra.
Un ambito importante dell’attività del pontefice fu quello missionario: molti istituti missionari nacquero o ripresero vigore, in Italia e in Europa, grazie soprattutto ai nuovi istituti missionari: “Pontificio Istituto Missionario di Milano”, fondato da don Ramazzotti; “Salesiani” di don Bosco; “Istituto Missionario per l’Africa” (“Nigrizia”) di Daniele Comboni; diverse società missionarie belghe, inglese e francesi. A questi istituti si affianco l’opera di Gesuiti, Francescani e Domenicani.
Durante il suo lungo governo vennero istituiti 130 nuovi vescovadi, in particolare negli Stati Uniti e nelle colonie inglesi, e firmati concordati con numerosi stati del mondo.
Nel 1867 convocò a Roma i vescovi del mondo cattolico per celebrare il 18° centenario del martirio di San Pietro.
Morì il 07 febbraio 1878, all’età di ottantacinque anni, dopo aver governato la Chiesa per 32 anni.
Il suo corpo, sepolto in Vaticano, nel 1881 fu traslato nella chiesa di San Lorenzo in Verano.